Da gennaio 2016 Index Research sistematicamente conduce un sondaggio per seguire il percorso del Referendum costituzionale di ottobre, nella ricerca si verifica, la propensione al voto, cosa si vota. I dati esaminati da Index Research, sono stati resi pubblici nel corso della puntata di Piazza Pulita andata in onda lunedì 6 giugno.

Le interviste sono realizzate su un campione di 1.000 individui maggiorenni residenti in Italia, suddiviso per sesso, classi di età, aree geografiche e ampiezza centri, con metodologia C.A.T.I.

Tra gli aventi diritto al voto, nell’indagine svolta da Index Research, il 47% intende esprimere il proprio parere circa il quesito referendario, tra questi il 42% si esprimerà a favore della ricerca, da osservare che dal mese di gennaio, periodo in cui è iniziata l’osservazione, il dato sui “si” è in costante discesa, a gennaio il campione analizzato rispondeva in senso affermativo alle riforma costituzionale ne 53% dei casi.

Ancor più  degno di analisi coloro che hanno risposto negativamente al quesito posto: ” Se ieri si fosse tenuto il referendum confermativo sulle riforme costituzionali Lei avrebbe votato…” in questo caso se a gennaio solo il 17% si sarebbe espresso negativamente, ad oggi con la rilevazione di giugno, il valore è lievitato sino a raggiungere il 38% un incremento di oltre venti punti percentuali.

Il quesito referendario a cui saremo chiamati il prossimo ottobre prevede che gli elettori dovranno esprimersi se se approvare o respingere le riforme della Costituzione promosse dal governo, per questo referendum, non è previsto il quorum e quindi: vinceranno i “sì” o i “no” indipendentemente da quante persone andranno a votare.

Nella storia della Repubblica italiana, questo sarà il terzo referendum costituzionale a cui gli italiani sono chiamati a rispondere, il primo fu nel 2001 e portò alla conferma delle modifiche del Titolo V della Costituzione, che regola le autonomie locali.

Il secondo è del 2006 e portò alla bocciatura della riforma costituzionale promossa dal governo Berlusconi.

Le riforme costituzionali contenute nel testo del ministero per le Riforme Costituzionali, il ddl è diviso in 41 articoli che modificano cinque dei sei “Titoli” in cui è divisa la seconda parte della Costituzione italiana.

La prima riforma riguarda il Senato, della repubblica e  prevede una riduzione dei poteri del Senato e un cambio nel metodo di elezione,  la conseguenza principale sarà la fine del bicameralismo perfetto. Il nuovo Senato non darà la fiducia al governo, che quindi per insediarsi e operare avrà bisogno soltanto del voto della Camera.

Il Senato manterrà la possibilità di approvare, abrogare o modificare leggi, soltanto in un numero limitato di ambiti: riforme costituzionali, disposizioni sulla tutela delle minoranze linguistiche, referendum, enti locali e politiche europee. Tra le altre competenze rimaste al Senato ci sono la partecipazione all’elezione di due giudici costituzionali, del presidente della Repubblica e dei membri laici del Consiglio superiore della magistratura.

Il documento redatto dal Ministero delle riforme prevede inoltre che il Senato passi da 315 a 100 membri ed i senatori non saranno più eletti direttamente, ma scelti dalle assemblee regionali.

La parte più importante della riforma riguarda la riduzione dell’autonomia degli enti locali a favore dello stato centrale e quindi comporta una modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione, che contiene le norme fondamentali che regolano le autonomie locali lo stesso Titolo V modificato con la riforma Costituzionale del 2001,

La competenza principale che rimane alle regioni sarà la sanità. La riforma porterà anche all’abolizione definitiva delle province.

La riforma formulata dal ministero, prevede anche alcuni cambiamenti di portata meno rilevante, è il caso dell’elezione del presidente della Repubblica che sarà eletto dalle due camere riunite in seduta comune, senza la partecipazione dei 58 delegati regionali come invece avviene oggi.

Si prevede anche l’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), un organo, quasi mai usato nella storia) che ha facoltà di promuovere disegni di legge.

Da ultimo, la riforma prevede la possibilità di introdurre referendum propositivi, oggi invece i referendum possono solo confermare o abrogare leggi già approvate.